di Massimiliano Savona
Prenderò spunto per questa considerazione dallo spunto che mi è stato
suggerito e che ho rifiutato.
L'idea propostami era quella di scrivere un "pezzo" ispirandomi al
trittico "Varianti cromatiche su tema obbligato". Ho ovviamente
rifiutato questa proposta per il motivo che andrò subito ad indicare.
Uno scrittore si pone di fronte a un quadro (o tre, come in questo caso)
e deve trarne un racconto, una poesia o altro. Bene: che cosa deve
prendere dal quadro?
Facciamo l'esempio del "nostro" trittico: di cosa dovrei parlare?
Degli scacchi? Di un giocatore di scacchi, che poi fa cose che non
c'entrano assolutamente nulla col quadro? O dovrei narrare una storia
ambientata in un colonnato tale e quale quello rappresentato qui? Mi
sembrano collegamenti un po' labili, scuse per inserire a tutti i costi
il mio nome nel depliant. lo non so e non voglio ispirarmi a un'opera
d'arte figurativa, tanto più che compongo opere di un'arte
sostanzialmente astratta e riflessiva come la letteratura.
Sì, è vero: ci sono le descrizioni solo di una lunga e dettagliata
descrizione.
Un racconto ha bisogno anche di azione e un quadro fotografa, sia pure
in maniera del tutto particolare, un solo istante, anche quando
simultaneizzato.
Se di fronte mi trovassi l'Omaggio a Paolo Uccello, che dovrei fare?
Comporre ottave alla maniera di Ludovico Ariosto? Diciamo la verità:
ogni arte fa vita a sé. Ammetto l'idea che ci possano essere somiglianze
tra arti dello stesso tipo (quelle figurative), ma la letteratura fa
fatica ad ispirarsi ad un'altra opera, a meno che non si voglia comporre
un sonetto in onore di ..., un epigramma dedicato a ..., oppure
strumentalizzi l'opera per farne un'altra che non c'entra niente, che ha
una sua propria vita, magari migliore, e allora tanto valeva non
ispirarsi.
Potrei ispirarmi al pittore nel momento in cui dipingeva, o aveva l'idea
del progetto: ma sarebbe uno spunto tratto da un'occasione puramente
esteriore.
No: io credo che se comunanza ci può essere tra due modi di fare arte,
può essere non di derivazione di una dall'altra, ma di parallelismo; nel
senso di avere un modo simile di operare. Ma in questo caso il modo
simile è tale per cui diventa impossibile l'ispirazione. Mi spiegherò.
Se un pittore si ispirasse ad un romanzo, che farebbe? Stenderebbe sulla
tela delle parole, delle frasi; magari trarrebbe brandelli di parole,
parti onomatopeiche usate dallo scrittore nella sua opera, o anche
giochi di parole.
Li trasferirebbe sulla tela, utilizzerebbe caratteri diversi per dare
vivacità ad un disegno su tela, disporrebbe a caso le parole etc...
voilà, ecco riesumate le parole in libertà! No, no, siamo seri: come
quadro risulterebbe veramente triste, con tutti quei caratteri neri
stampigliati a mo' di trasferibili sul bianco. Manca qualcosa. Vediamo:
se uno scrittore effettuasse la stessa operazione al contrario? Voglio
provarci: rosso, verde, giallo, ancora giallo, blu, viola, verde, un po'
di nero, arancio ... Potrei proseguire per decine di pagine, ma come
racconto sarebbe improbabile anche per la più incallita delle
avanguardie.
Ecco cosa manca! Non lo avete ancora capito? Lo scrittore non può
rendere appieno un'opera figurativa perché non può utilizzare il colore;
così come il pittore non può fare il contrario. Certo: può colorare i
caratteri da sparpagliare sulla tela, ma con quale criterio? Con un
criterio arbitrario, che tradisce comunque l'opera di partenza; perché
poi la gente guarderebbe al violetto dei caratteri ADDIO MONTI e non al
fatto che c'è scritto ADDIO MONTI.
Che risulterebbe meno importante del colore; sopraffatto, direi, dal
colore.
Provate a immaginare due pagine diverse, con l'inchiostro dello stesso
colore, e due identiche con colori diversi: le prime due risulterebbero
più somiglianti tra loro di quanto farebbero le seconde, a causa
dell'impatto che il colore dà sull'occhio e anche di quelle sensazioni
più irrazionali ed istintive per cui i colori colpiscono dritti alla
parte più emotiva dell'animo.
Il colore sopraffà il carattere. E se questo succede al carattere
tipografico, e diverso, figuratevi al bozzetto di un quadro, soprattutto
se, come in questo caso, è il medesimo.
Ciò che segue non si spiega più: lo spiega per me, e per altri, il
risultato meraviglioso di questa operazione che non esito a definire
d'avanguardia.
Si sapeva, borbotterà qualcuno. Sì, ma visto dal vero fa tutto un altro
effetto.
Prova, tu che dici che lo sapevi, a dire che il fuoco scotta, e poi
scottati.
Dimmi se è lo stesso.
A questo punto a me non rimane che esprimere sulla pagine una "cromaticità"
paragonabile a quella, non dico di tutto il trittico, ma di uno almeno
dei tre quadri; anche di un quadro di Savonari che non sia tra questi,
visto che il suo modo di procedere rimane lo stesso. Ecco: il miglior
omaggio che io possa rendergli, la miglior ispirazione che la sua opera
possa darmi è l'insegnamento a usare il colore, perché è vero che è la
linea a dare il significato, ma è il colore che dà il tono, il timbro,
la polpa, la musica, che rende davvero tridimensionale l' opera che fino
a poco prima rimaneva stesa a due dimensioni, inchiodata come una X nera
su un muro bianco. D'altronde considerate la vita di tutti i giorni: lo
stesso posto a seconda della luminosità, dell'opera, della stagione, è
in realtà mille posti diversi.
Tutto è luce, è colore. O meglio: la luce e il colore sono tutto.
Possono riuscire a rendere - e reggere - il disegno da sole.