di Giovanni Paolo di Panico - architetto
Tutti, o quasi tutti quelli che si interessano di Arte, sanno che la
pittura, considerata oggi un'arte minore o di complemento, fu sempre
utilizzata come elemento di enfatizzazione e spesso quale elemento
correttore delle opere di architettura. Dove, per ragioni economiche o
per imperizia dell'architetto, l'edificio risultava povero di carattere,
lì interveniva sovente lo scultore o lo stuccatore, e sempre il pittore
che riusciva a sostituire l'opera delle altre maestranze con effetti
meraviglianti e ovviamente ad un costo minore.
Abbiamo in tal senso esempi eclatanti, quale la soluzione architettonica
della Cappella Sistina, operata dal Maestro per eccellenza quale fu
Michelangelo Buonarroti di Firenze, che riuscì a portare a maestosità
degna del luogo una brutta stanza coperta con una volta a botte a tutto
sesto, troppo alta e troppo lunga.
Ci si può appellare all'ormai noto discorso della finzione nell'arte,
considerando l'opera architettonica realizzata dal pittore e la maestria
nello "sfondare" con cieli e figure, la trina strutturale tessuta col
pennello.
Ma il tempo testimonia che questo è il primo esempio di superamento
della mera decorazione degli ambienti, che comunque la pittura per
architetture auliche, private o religiose, aveva operato nel passato
greco, romano e medioevale.
Chi non ha apprezzato le finte tende, gli arazzi dipinti sulle mura dei
freddi stanzoni dei castelli germanici o francesi?
Ma il messaggio michelangiolesco venne raccolto dal Palladio e dal
Tiepolo, interpreti assoluti e magnifici della integrazione delle arti
figurative, esasperato poi nel '600 nel realizzare finte absidi e
cupole, come nella romana Chiesa di S.
Ignazio.
E tutto prosegue in un fantastico crescendo finché non cade la testa di
Luigi XVI. Qui si sovverte l'Ordine Sociale e, fedeli al motto
evangelico, "gli ultimi saranno i primi", i borghesi, nemici
dell'aristocratico e del volgo, che sentono intuitivamente i valori
universali della vita, decidono che le arti (ormai con la "a"
minuscola), per meglio essere commerciate, devono divorziare ed avere
vita indipendente e conseguentemente limitata.
Nasce il quadro da cavalletto, precedentemente considerato un "divertissement"
, una pausa piacevole e personale dell' Artista (ricordiamo la
"Gioconda", quadretto per appunti ed esercitazioni di Leonardo che lo ha
seguito in tutte le
sue peregrinazioni); ora forma più comoda di mercato perché si può
portare sotto il braccio e mettere indifferentemente su qualsiasi parete
anonima di abitazione o ufficio. Ma anche in questa nuova dimensione
sussiste ugualmente il problema della prospettiva. Ricordo le serate
trascorse insieme a Savonari parlando di intervento formale e fantastico
nella correzione delle reali prospettive degli spazi architettonici.
Il concetto base è quello di frammentare la lettura prospettica della
parete.
Una parete, a seconda della nostra posizione nella stanza, ha un "fuoco"
prospettico centrale, o spostato a destra, o a sinistra, oppure più alto
o più basso.
Ebbene in un dipinto di Baldo convivono le dinamiche di tutti i
possibili
spostamenti del fruitore dell'opera.
Con l'effetto di sconvolgere la lettura banale di un fatto e di farlo
diventare storia corale. Ricordo in un giorno di improvvisa primavera,
dopo un freddo e cupo inverno, di aver notato un quadro appeso al muro
dello studio, allora in un'ala del casale in cui abita in Sabina.
Era un quadro che forse avevo avuto sempre sotto gli occhi ma che non
avevo mai "visto". Ma quel giorno un raggio di luce che penetrava dal
lucernaio ed un fortuito spostamento dell'arredamento della stanza, mi
diedero una forte emozione legata alla involontaria costruzione di una
perfetta scenografia.
Il tavolino sul quale la sera prima Savonari aveva giocato a scacchi con
qualche sfortunato antagonista era avvicinato alla parete, a lato della
piccola finestra ed opposto alla gigantesca stufa di ghisa la cui canna
fumaria termina a lato del lucernaio del tetto.
Sul tavolino, ancora la scacchiera con gli scacchi in disordine ed
accatastati; sulla parete, tra la finestra e la stufa, illuminato da un
raggio di sole penetrato dal lucernaio, un grido di rosso nel quale
cavalli e torri salivano come aspirati dalla luce resa corposa dal
pulviscolo.
Quest'emozione è quella che io intendo nella divina realtà dell'Arte:
quando un elemento non architettonico entra in dialogo con
l'architettura e ne amplia e ne sovverte i valori "funzionali", nasce la
poesia; si avvera il miracolo del dialogo tra le arti figurative. L'uomo
ha bisogno di sensazioni; ma non tutti gli uomini le hanno vive e
presenti in ogni momento della giornata.
Per questo il Pittore e lo Scultore e l' Architetto (e non l'ingegnere)
sono chiamati insieme a realizzare quelle atmosfere magiche in cui il
funzionario di banca, il giocatore di calcio, il professionista, possono
ritrovare la fantasia di cui li priva il lavoro quotidiano.
L'opera fondamentale dell'ultima produzione di Baldo Savonari è il
gigantesco polittico ispirato alla "Battaglia di S. Romano" di Paolo
Uccello. Quest'ultimo, pittore quattrocentesco, è il grande ispiratore
di quasi tutte le poetiche pittoriche moderne. Dallo studio della sua
opera nasce il cubismo, il futurismo, l'espressionismo ed il
surrealismo.
Nella diatriba rinascimentale tra la pittura di colore e la pittura
basata su una rigorosa conoscenza del disegno, Paolo di Dono inventa ed
oppone la prospettiva di colore: un unico piano di proiezione verticale
ed il colore, spesso surreale, che determina il movimento ed i piani
prospettici.
Tutta l'arte moderna nasce da questo postulato. E Savonari, che da tempo
studia il modo di dimostrare tale asserto, si cimenta oggi attingendo al
soggetto più complesso della produzione del pittore rinascimentale in
maniera provocatoria, usando l'ottica lucida e cromaticamente ricca che
gli è propria, riscoprendo manierismi e cadute dei movimenti pittorici
del passato ed ammiccando furbescamente al manifesto futurista.
Dissacrazione aperta, nel rispetto della tradizione artistica
universale; soprattutto, direi, nel rispetto della dinamica prospettica
della finzione architettonica di movimento, nella verticalità della
parete liscia.
Illuminata artificialmente o naturalmente, in un ambiente
dimensionalmente consono, l'opera che amerei definire il capolavoro di
Baldo Savonari (ma ciò non sia limitativo e direi in un orecchio a Baldo
aspettiamo ancora il tuo capolavoro), opererebbe quest'apertura irreale
verso l'esterno fantastico che architettonicamente è impossibile, perché
dominio della mente, necessaria al raggiungimento utopico della quarta
dimensione, sempre ricercata dagli Artisti delle arti figurative.
Speriamo comunque che tutta questa fatica non subisca l'oltraggio di
tante pale d'Altare che, smembrate e ridotte delle parti "non
ambientabili" oggi decorano il bar dello studio o dell'appartamento alla
moda.
(a.D. MCMLXXXVI)